mio babo fava mattoni,
fazo mattoni anca me,
ma la casa mia ’ndov’è ?
Gruppo Censeo è una società di ristrutturazioni di pregio e manutenzione edile di alto livello. Nata nel 2011 in provincia di Brescia, per iniziativa di Giacomo Paddeu e Francesco Moretti, imprenditori figli di operai partiti da zero, è un’azienda giovane, dinamica e innovativa ma fortemente radicata nei valori della tradizione artigianale bresciana e bergamasca: qualità, precisione nei dettagli e personale altamente specializzato.
Tale filosofia ha portato la società ad affermarsi con successo nel mondo delle general contractors vedendosi affidare prestigiose commesse.
Gruppo Censeo si è occupato di progetti di ristrutturazione di appartamenti residenziali, della realizzazione delle sedi di studi notarili, di società immobiliari e di grandi aziende; ha inoltre realizzato showroom e boutique di affermati brand di moda. Infine, Gruppo Censeo ha sviluppato in questi anni anche importanti lavori di ripristino e restauro in dimore storiche come La Vigna di Leonardo a Milano, la Fondazione Portaluppi. Oltre ad occuparsi delle ristrutturazioni, l’impresa interviene anche nella manutenzione nei fabbricati; operando con un sistema integrato completo in maniera attiva e dinamica.
Sistema Qualità

Con l’animo
di Calzinàzz.
di Vittorio Sgarbi
“Avrei voluto, a proposito di Giacomo Paddeu, evocare almeno un precedente, per il fatto di portare un cognome di origine sarda, ma all’interno di una famiglia totalmente “continentalizzatasi”, come direbbero nell’Isola, sulla cui scia potere inserire anche la sua vicenda professionale. Alludo al caso di Giovanni Antonio Porcheddu, lui nato in Sardegna, ma diventato torinese d’adozione fin dal momento degli studi universitari, protagonista in prima linea della formidabile evoluzione tecnologica che l’ingegneria e l’edilizia italiana conoscono fra gli ultimi dell’Ottocento e i primi del Novecento, grazie all’intuizione per la quale intravede nel cosiddetto Systéme Hennebique (da noi si sarebbe chiamato “cemento armato”) un modo rivoluzionario di costruire, provvedendo a diffonderlo e applicarlo con la dedizione di un apostolo.
Avrei voluto evidenziare, a proposito di Moretti, l’altro dioscuro del Gruppo Censeo a cui in queste pagine si vuole rendere debito onore, la propizia, presaga omonimia con l’architetto che in molti, forse non a torto, considerano il maggiore italiano del Novecento, il Luigi autore di capolavori assoluti, anche al di fuori del contesto nazionale, quali la Casa della Scherma, le palazzine Girasole e San Maurizio a Roma, il complesso di Corso Italia a Milano, la Tour de la Bourse a Montreal, il Watergate a Washington.
Sforzi vani. La sincera, sanissima umiltà con cui Paddeu e Moretti interpretano il loro mestiere, anche dopo avere conseguito successi professionali per i quali la maggior parte dei loro colleghi si sarebbero montati la testa chissà in che modo, renderebbero ridicoli certi tentativi, così come il ruolo che in situazioni del genere si é soliti provare ad attribuirmi, nel rispetto di una pratica tradizionale, cortigianesca, quella della performance intellettuale “d’occasione” (la “marchetta”, per dirla in maniera più volgare, ma di immediata comprensione), che non é affatto in via di estinzione, come solo i più ingenui potrebbero credere, ma per la quale, anzi, con i tempi grami che passano, é facile immaginare un futuro prossimo di rinnovato rilancio.

No, hanno fatto capire Paddeu e Moretti, non vogliamo aedi alati che chiedano ausilio agli dei per cantare pindaricamente la nostra gloria, non ci si ritrovebbe in certa retorica trimalciona. Benissimo, é un sollievo per chi altrimenti avrebbe avuto l’obbligo di lodare. Tuttavia, qualcosa dal proprio bagaglio di conoscenze bisognerà pure attingere se non si vuole fare scena muta. C’é un personaggio, nell’Amarcord di Fellini, che forse vale la pena ricordare per poterci cavare qualche spunto da spendere a vantaggio di Paddeu e Moretti. É un poeta muratore, probabile invenzione di Tonino Guerra che ebbe un ruolo determinante nella sceneggiatura del film, al servizio del “principale”, come viene chiamato dai suoi dipendenti, il capomastro Aurelio Biondi (interprete Armando Brancia), padre del giovane Titta (Bruno Zanin) che é il protagonista principale di Amarcord. A un certo punto, su invito dei colleghi, Calzinàzz, é questo il soprannome con cui il poeta muratore é conosciuto, comincia a declamare un suo componimento scherzoso in un dialetto romagnolo infarcito, evidentemente per via del pubblico a cui si rivolgeva il film, di strategici italianismi: “Mio nonno fava mattoni, mi babo fava mattoni, fazo mattoni anca me, ma la casa mia ‘ndov’é?” La recita suscita il divertimento degli altri muratori, ma non quello del capomastro Biondi, che sui versi di Calzinàzz preferisce riflettere, esponendo qualche elemento di una filosofia personale al limite del pensiero più primitivo, ma dotata di una sua innegabile logica: “Ti ho capito a te, sai? É vero, anch’io ero un poveraccio, cosa credi, però piano piano sono diventato capomastro…. Bisogna lavorare. E lavorando uno… lavora. Bisogna lavorare.”
Eccola, forse, la chiave per capire lo spirito in cui più maggiormente si identificano le aspirazioni di Paddeu e Moretti. In tempi in cui, nel mondo del progettare e del costruire a tutti i livelli, l’ambizione intellettualoide sta diventando una nuova forma d’ignoranza, con il parolare vacuo e gratuito intento a compensare le non rare deficienze del fare, Paddeu e Moretti ripropongono i diritti di un’etica-estetica del lavoro in cui ogni risultato conseguito torna finalmente a giustificarsi in sé stesso, frutto esclusivo di capacità lampanti e dedizione maniacale acquisiti fondamentalmente attraverso altre esperienze di lavoro, senza che in merito vi sia nulla da premettere, né nulla da aggiungere in finale.
Perché “lavorando uno… lavora”, e più non dimandare.”